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Al rifugio San Lucio di Clusone in Alta Valle Seriana -Bergamo


Mangio al ristorante mediamente 4/5 volte alla settimana, non sempre le mie aspettative sono ripagate, è una cosa normale, la ristorazione diventa sempre più difficile da fare con criteri di buona qualità; penso che il buono sia buono e poi ci siano tutte le sfaccettature del caso, prima di tutto bisogna essere in grado di capire quando un piatto è cucinato bene, partendo dalla materia prima, dopodiché può anche essere che per esempio le lumache non piacciano per un gusto personale e non perché siano mal cucinate.

Bisogna sapere come deve essere un piatto per poterlo giudicare, non basta mangiare una volta all'anno le lasagne alla bolognese per poi sproloquiare sull'internet come se nella vita, di lasagne alla bolognese, se ne fossero assaggiate a iosa.

Il piacere del cibo, insegna la saggezza cinese, è un'esperienza che coinvolge tutti i sensi, non solo il gusto e l'olfatto ma c'è anche da considerare: la vista, lo spazio, il suono e la luce.

Sono salito al rifugio San Lucio sopra Clusone.

Quando andavo in montagna con il CAI, per arrivare a un rifugio dovevo sudare, sbuffare e ogni tanto sputare, calpestare sassi, erba, terra e a volte "fiori di montagna" - sterco essiccato dal cuore morbido - sopra ruscelli che scendevano limpidi - di quell'acqua che mi veniva voglia di bere -.

Attraversavo pinete e boschi umidi dal profumo di muschio e funghi e non vedevo l'ora di fermarmi per un panino con il salame e mezzo bicchiere di vino rosso per concludere con una barretta di cioccolato prima di riprendere il sentiero che saliva e che, spesso sembrava non finire mai.

Questo è un rifugio per tutti quelli che vogliono avere la soddisfazione di dire "sono stato al rifugio", magari si vestono come se avessero scalato L'Everest ma va bene per sopravvivere ognuno di noi deve trovare delle scappatoie.

Il ragù di capriolo ha la carne ben cucinata con la proporzione giusta fra gli elementi, gustosa, saporita e bilanciata grazie alla giusta sapidità che, ricordo essere "il sapore che rimane tolto il sale".

La pasta anche se tirata molto grossa, nell'insieme, è compatibile con il condimento, il ciuffetto di rosmarino si poteva evitare.

Mangiare a gomiti stretti è scomodo, con bambini urlanti e cani scodinzolanti, è fastidioso - mi hanno invitato e non posso lamentarmi - l'attenzione in un invito fa sempre piacere e mi lusinga.

Mentre verso il Buttafuoco di Cà Del Santo (voto 27) che assaggio dopo il Pinot Nero di Stiftskellerei Klosterneuburg (voto 29) arriva il Cervo ai mirtilli, che ho scelto perché, come insegna l'Antica Grecia, dalla sua morte nasce il Cipresso, simbolo dell'immortalità.

Piatto vero, il giallo della polenta mette in risalto l'animale che sfuma dal marrone al quasi nero grazie anche ai mirtilli ben inseriti, i funghi porcini- saporiti - si consumano amabilmente con i pezzi di cervo stracotto, come deve essere - la marinatura, che può durare anche cinque giorni nei mesi più freddi, è perfetta -.

La vita è un insieme di fastidi e delusioni, ma oggi anche di piacere e consolazione.


©2023 Luca Scainelli

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