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Il giorno che nasce sull' Ardesio DiVino 2022

La diciottesima edizione di una delle manifestazioni enogastronomiche più importanti che si svolgono a Bergamo.

Agosto, non uno qualsiasi - nell'anno più caldo degli ultimi cento anni.

Le due di notte , silenzio assoluto, caldo opprimente che toglie i sentimenti, camminano le gocce di sudore e il sonno viene disturbato dal rombo di un bolide e da esplosioni di arma da fuoco.

In questi giorni sotto casa mia stanno girando il nuovo film di Netflix "The old guard 2" con Uma Thurman e Charlize Theron. Nell'era della tecnologia per girare un film serve ancora andare nei bei posti per raccogliere le immagini originali in scenari mozzafiato come nel caso del tratto di lago che va da Lovere a Tavernola Bergamasca.

Ardesio DiVino ha la caratteristica di essere srotolata fra le vie dell'omonimo paese; storico e ricco di suggestione.

È inutile che vi dica che qui è tutto organizzato dai ragazzi della Pro Loco di Ardesio che lo fanno come se fossimo ad un grande concerto musicale, solo che qui gli strumenti sono sostituiti da centinaia di bottiglie di vino: rosati, bollicine metodo classico, rifermentazioni in bottiglia - metodo romantico - pochissime perché è difficilissimo imbottigliare del mosto e ottenerne del vino decente, e poi ancora bianchi, purtroppo spesso troppo caldi perché il ghiaccio si scioglie alla velocità della luce e anche alcuni rossi caldi visto le condizioni del clima.

I vignaioli che ci vengono hanno buone speranze di poter raccogliere consensi, alcuni sono alle prime armi altri veterani che qui si trovano a proprio agio; sia per il contesto che per l'organizzazione sempre minuziosa.

Ci arrivo dopo aver girovagato per venti minuti in cerca di un parcheggio - raro - che trovo proprio di fronte la caserma della benemerita. Mi incammino verso le zone del comune dove è stato piazzato lo spazio per il ritiro dei biglietti e del fondamentale bicchiere che servirà alla giornata enoica.

Il primo vino che assaggio è quel sauvignon di Hisa Joannes Protner che lo produce in Slovenia, schietto senza fare voli pindarici. Una dopo l'altra passano le bottiglie, - in tutto 55 - mentre sopra di me il cielo si fa plumbeo, assaggio il pignoletto di Lodi Corazza che mi esalta per i profumi e la freschezza.

Senza sgranocchiare grissini o tutto ciò che possa assorbire il liquido fermentato.

Ad un certo punto sento il bisogno di fermarmi e mangiare qualcosa: quale migliore occasione per andare a provare la cucina di Giorgio che qui spopola da mille anni fra pranzi di lavoro, cene e cerimonie.

Dal menu di terra e di mare - alla democristiana per non scontentare nessuno - scelgo i casoncelli tipo alla bergamasca, quindi deduco sia il famoso piatto nostrano reinterpretato, infatti non mi pare ci sia traccia di uvetta, amaretti e pera spadona, forse anche qui per non "offendere" nessuno. Il gusto della carne brasata è molto saporito mentre la pancetta è servita in unica soluzione - affettata e saltata in padella - completa il piatto una chips di parmigiano.

La temperatura influisce su quello che beviamo o mangiamo, aumentando la temperatura si ha un aumento dei profumi mentre diminuisce la densità, tutto diventa più fluido saporito e oggi la temperatura è da mantenere sotto controllo anche per il tempo ballerino ma indefesso continuo ad assaggiare vino e mi fermo, accompagnato da uno dei vignaioli, da Enio Ottaviani che mi rapisce per la passione da vero romagnolo, un intrattenitore del vino che lo sa raccontare e innovare attraverso l'utilizzo del tappo Stelvin - a vite - che per certi vini è un valore aggiunto come per quelli di Walter Massa che ne è il precursore; bevo il Pagadebit e una favolosa Rebola, vicini di banco quelli di Villa Corniole, gentili mi versano vini emozionanti: Trentodoc, Muller Thurgau, Gewürztraminer e un Pinot Grigio Ramato.

Qui comincia a diluviare e ci rifugiamo sotto il portico e cosi ripartiamo da capo con gli assaggi.

Chiudo parlando dei ragazzi del Seminario Permanente Veronelli che tanto fanno per la divulgazione del buon vino, anche oggi hanno portano chicche da assaggiare in separata sede per gli appassionati in una delle sale del comune.

Vini rossi a spasso per l'Italia, da nord a sud quindi Barolo di Vajra, Nebbiolo di Noah, il Pinot Nero di Gump Hof, Marche Rosso di Clara Marcelli, Syrah di Fattoria Le Pupille per chiudere con Rosso 2017 delle Cantine di Dolianova con quello Jù Isola dei Nuraghi che vuole ricordare i buoi che attraversando le vigne aprivano la terra per renderla fertile.


Verso la fine della giornata trovo anche chi sta soffrendo in silenzio perché le temperature costanti nelle vigne hanno fatto terra bruciata.

Bisognerà ripiantare le barbatelle e aspettare quindici anni per poter bere vino.

Nel frattempo cosa farò? Mi dice.


©2022 Luca Scainelli






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