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Cantine Mingazzini a Medicina di Bologna

Spesso le imprese nascono dal nulla, da un sogno nel cassetto per creare qualcosa di unico da tramandare nel futuro. Ed è così che nel 1964 è nata la Cantina, dalla determinazione di 3 fratelli di apprendere i segreti del mestiere che, tra botti di legno ed esperienza, riesce a portare al naso, al palato e al cuore i profumi ed i sapori della terra.

Dopo la giornata passata alla Tenuta Terre di Talamo vado ha farmi una dormita meritata.

Sveglia ore 6 in un hotel a Fonteblanda in provincia di Grosseto nell'argentario fra pini marittimi e oleandri che brillano al sole del mattino con quei colori che richiamano sentimenti buoni.

La prossima meta è Medicina in provincia di Bologna dove mi aspetta Alessandro e i suoi collaboratori per guidarmi nella visita della loro cantina, Mingazzini.

La strada è infuocata e tortuosa, incidenti, lavori in corso, deviazioni che sembra una di quelle giornate dove pensi che il mondo ce l'abbia con te: in questi casi cerco di non pensare a quanti chilometri devo ancora percorrere e mi concentro sulla strada.

Quando arrivo, riprendendo la posizione eretta -- visto che non mi sono mai fermato -- il caldo è umido che la maglietta mi si appiccica addosso, parcheggio e mi dirigo con entusiasmo verso l'ingresso degli uffici di questa cantina a gestione familiare dal 1964.

Ad accogliermi Rossella la sorella di Alessandro e Sara che si occupa della parte commerciale e social, gli uffici sono attaccati alla cantina dove mi aspetta il ragazzo che spiega il procedimento di imbottigliamento partendo dal filtraggio del vino per arrivare all'etichettatura e imballaggio.

Respiro l'atmosfera fresca e leggermente alcolica mentre mi aggiro fra i serbatoi in acciaio e cemento dell'azienda, accompagnato da Sara che mi trasmette l'entusiasmo per il lavoro che fa.

Dopo aver visitato la parte più interrata della cantina arriva anche Alessandro che mi fa assaggiare i vini nello spazio appena fuori gli uffici fra cartoni, bottiglie, fotografie e vari premi attaccati ai muri.


Alessandro mi piace perché è genuino e ha l'umiltà che spesso caratterizza gli uomini di successo.

Assaggio il sangiovese biologico: speziato intenso dal colore rosso granato e sfumature violacee, il Pignoletto fermo: giallo paglierino dai riflessi verdi va giù che è un piacere grazie alla freschezza. Uno dei miei vini preferiti è l'albana che in questo caso si presenta nella versione secca: giallo dorato al naso la fa da padrone il rosmarino e la salvia, in bocca potente e persistente, manca un po' l' acidità.


Il vino che ho preferito fra tutti è quello contenuto nella bottiglia rosa nella versione "cinquantacinque" da uve 100% Albana Rosa una rarità che sprigiona fiori dolci e grazie ad una buona acidità soddisfa il palato, una gradita sorpresa.

In ultimo Albana passito dai profumi di albicocca matura, in bocca è vellutato e armonico. Lo utilizzerei da accompagnare ad un gorgonzola tradizionale.

Da segnalare un esperimento fatto di poche bottiglie: il pignoletto rifermentato in bottiglia "IL TATO" che andiamo ad assaggiare al ristorante Osteria di Medicina che ne ha acquistato tutte le bottiglie.

Qui il pignoletto lo accompagniamo ad un piatto di tagliatelle verdi al ragù che prepara Alessio: il cuoco che gestisce l'osteria dalla personalità spiccata mi spiega come fa a preparare il condimento più famoso di Bologna -- e non solo -- attraverso una ricetta della nonna utilizzando una padella nella quale intercapedine scorre acqua calda favorendo una cottura lunga e a bassa temperatura.


Scopro e assaggio anche il "Friggione" che è un piatto bolognese che risale al 1886 fatto con pomodoro, strutto e cipolle. Il pignoletto ci accompagna in un brindisi di quelli che vorrei non finisse mai: il vino è floreale e manca di acidità, ma è un esperimento, può succedere.

©2022 Luca Scainelli

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